Di ritorno da Barcellona dopo tre giorni piuttosto stimolanti allo Smart City World Congress, ripenso con il sorriso sulle labbra ad una metafora piuttosto efficace suggerita da Manel Sanromà, CIO dell’Ayuntamento di Barcellona, con cui ho avuto il piacere di fare una lunga chiaccherata a proposito dei lavori della City Protocol Society.
Le Smart City sono oggi per le amministrazioni locali una sorta di Far West ricco di strabilianti promesse. Spazi sterminati, terreno fertile per nuove colture, la possibilità di costruire qualcosa d’innovativo sia socialmente che dal punto di vista tecnico e urbanistico.
Tutti ne parlano, sembra quasi obbligatorio per i sindaci diventare i “nuovi coloni” e partire per questa avventura. Eppure un alone d’ignoto su cosa effettivamente si possa trovare dall’altra parte continua ad aleggiare nell’aria.
Alcuni furbacchioni si rendono conto che c’e’ la possibilità di fare buoni affari aspettando i coloni al varco. Mettono su in fretta e furia spacci luccicanti posizionati nei luoghi di passaggio e rifilano ai più creduloni vecchi attrezzi che stavano invenduti nei magazzini e nuove carabattole per dissodare, cablare, processare e difendersi da pericoli inesistenti.
Spesso sono cose completamente inutili, perché possono funzionare solo insieme ad altri strumenti ancor più costosi, oppure presuppongono la disponibilità di risorse o di competenze che non ci sono.
Ma non importa, è partita la corsa all’oro e la domanda incalza.
Alcuni coloni diventano figure mitiche. Hanno scoperto nuovi territori fertili e sono tornati sani e salvi a raccontarlo. Tutti vogliono parlare con loro, i furbacchioni li invitano nei loro spacci e li riempiono di regali. Nessuno dice che sono tornati anche perché la terra era sì fertile ma per coltivarla ci volevano braccia che non c’erano, e da soli si faceva ben poco.
Altri invece partono male equipaggiati, hanno sentito parlare dei fiumi pieni di pepite d’oro e non ci pensano due volte. Mettono la famiglia su un carretto e partono alla ventura. Spesso finiscono però sterminati, perché là fuori non è facile sopravvivere. Ci sono le bande di cattivi sabotatori, gli animali feroci che si pappano le risorse, i virus. Bisogna avere le competenze per fare un sacco di cose. E’ tutto un mondo nuovo dove orientarsi, se si mette la casa nel posto sbagliato tutto può essere spazzato via alla prima piena.
Ecco allora che alcuni coloni più lungimiranti degli altri si rendono conto che è meglio muoversi insieme, unendosi in carovane.
Nascono così nuove figure professionali che sono indispensabili per il successo dell’avventura. Ci sono i facilitatori, che creano le condizioni per partire uniti e ben attrezzati, magari mettendo in contatto chi vuole partire con i venditori più onesti e preparati organizzando fiere e incontri con gli esperti.
Ci sono le guide, gli sceriffi e i dottori, che aiutano a trovare la strada, a riconoscere i pericoli e prevenirli, perché hanno già fatto il percorso con altri coloni.
Presto alcuni febbri e maniscalchi che prima rifilavano cose inutili ai coloni, si rendono conto che i tempi sono cambiati e che è più proficuo parlare con loro e magari accompagnarli lungo questo lungo viaggio, per costruire gli attrezzi che realmente servono lungo il cammino. Si scopre così che spesso non servono cannoni ma pentole per cucinare meglio e tende per dormire al caldo la notte. Bisogni primari, che se soddisfatti uniscono le famiglie dei coloni e le carovane fra di loro quando si incontrano, e consentono di trovare nuove energie, idee e soluzioni.
Così i coloni si rendono finalmente conto che non basta la loro forza e determinazione da patriarchi, e se le famiglie partecipano alle attività e uniscono gli sforzi dividendo il lavoro si fa più strada con meno fatica. Nascono nuove comunità che prima non c’erano.
Si arriva finalmente alla terra promessa e ci sono tutte le condizioni e le braccia per coltivarla al meglio.
La City Protocol Society, come mi è stata raccontata da Manel Sanromà, nasce proprio per mettere insieme le città in una carovana che unisce le forze per trovare la terra promessa delle Smart City senza farsi depredare dai furbacchioni. Lo fa unendo a livello mondiale le competenze delle amministrazioni, degli esperti e delle aziende per definire degli standard praticabili che aiutino a riconoscere le soluzioni più efficaci.
E’ una bella scommessa decisamente ambiziosa, speriamo che risulti vincente. Credo valga la pena che ognuno di noi metta il proprio gettone.
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Le Smart City sono oggi per le amministrazioni locali una sorta di Far West ricco di strabilianti promesse. Spazi sterminati, terreno fertile per nuove colture, la possibilità di costruire qualcosa d’innovativo sia socialmente che dal punto di vista tecnico e urbanistico.
Tutti ne parlano, sembra quasi obbligatorio per i sindaci diventare i “nuovi coloni” e partire per questa avventura. Eppure un alone d’ignoto su cosa effettivamente si possa trovare dall’altra parte continua ad aleggiare nell’aria.
Alcuni furbacchioni si rendono conto che c’e’ la possibilità di fare buoni affari aspettando i coloni al varco. Mettono su in fretta e furia spacci luccicanti posizionati nei luoghi di passaggio e rifilano ai più creduloni vecchi attrezzi che stavano invenduti nei magazzini e nuove carabattole per dissodare, cablare, processare e difendersi da pericoli inesistenti.
Spesso sono cose completamente inutili, perché possono funzionare solo insieme ad altri strumenti ancor più costosi, oppure presuppongono la disponibilità di risorse o di competenze che non ci sono.
Ma non importa, è partita la corsa all’oro e la domanda incalza.
Alcuni coloni diventano figure mitiche. Hanno scoperto nuovi territori fertili e sono tornati sani e salvi a raccontarlo. Tutti vogliono parlare con loro, i furbacchioni li invitano nei loro spacci e li riempiono di regali. Nessuno dice che sono tornati anche perché la terra era sì fertile ma per coltivarla ci volevano braccia che non c’erano, e da soli si faceva ben poco.
Altri invece partono male equipaggiati, hanno sentito parlare dei fiumi pieni di pepite d’oro e non ci pensano due volte. Mettono la famiglia su un carretto e partono alla ventura. Spesso finiscono però sterminati, perché là fuori non è facile sopravvivere. Ci sono le bande di cattivi sabotatori, gli animali feroci che si pappano le risorse, i virus. Bisogna avere le competenze per fare un sacco di cose. E’ tutto un mondo nuovo dove orientarsi, se si mette la casa nel posto sbagliato tutto può essere spazzato via alla prima piena.
Ecco allora che alcuni coloni più lungimiranti degli altri si rendono conto che è meglio muoversi insieme, unendosi in carovane.
Nascono così nuove figure professionali che sono indispensabili per il successo dell’avventura. Ci sono i facilitatori, che creano le condizioni per partire uniti e ben attrezzati, magari mettendo in contatto chi vuole partire con i venditori più onesti e preparati organizzando fiere e incontri con gli esperti.
Ci sono le guide, gli sceriffi e i dottori, che aiutano a trovare la strada, a riconoscere i pericoli e prevenirli, perché hanno già fatto il percorso con altri coloni.
Presto alcuni febbri e maniscalchi che prima rifilavano cose inutili ai coloni, si rendono conto che i tempi sono cambiati e che è più proficuo parlare con loro e magari accompagnarli lungo questo lungo viaggio, per costruire gli attrezzi che realmente servono lungo il cammino. Si scopre così che spesso non servono cannoni ma pentole per cucinare meglio e tende per dormire al caldo la notte. Bisogni primari, che se soddisfatti uniscono le famiglie dei coloni e le carovane fra di loro quando si incontrano, e consentono di trovare nuove energie, idee e soluzioni.
Così i coloni si rendono finalmente conto che non basta la loro forza e determinazione da patriarchi, e se le famiglie partecipano alle attività e uniscono gli sforzi dividendo il lavoro si fa più strada con meno fatica. Nascono nuove comunità che prima non c’erano.
Si arriva finalmente alla terra promessa e ci sono tutte le condizioni e le braccia per coltivarla al meglio.
La City Protocol Society, come mi è stata raccontata da Manel Sanromà, nasce proprio per mettere insieme le città in una carovana che unisce le forze per trovare la terra promessa delle Smart City senza farsi depredare dai furbacchioni. Lo fa unendo a livello mondiale le competenze delle amministrazioni, degli esperti e delle aziende per definire degli standard praticabili che aiutino a riconoscere le soluzioni più efficaci.
E’ una bella scommessa decisamente ambiziosa, speriamo che risulti vincente. Credo valga la pena che ognuno di noi metta il proprio gettone.
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